La Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America è la prima carta che istituzionalizza il cosiddetto diritto alla felicità, “the pursuit of happiness”. Recita così:
«We hold these truths to be self-evident: that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable rights, that among these are life, liberty and the pursuit of happiness».
Traduzione:
«Noi consideriamo le seguenti verità evidenti di per sé: che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili dal loro Creatore, che tra questi diritti ci sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità».
I padri costituenti nel 1776 pensarono bene di tutelare i diritti inalienabili dell’uomo come la vita e la libertà, ma ci aggiunsero anche il perseguimento della felicità.
E allora mi sono chiesta… ma ciò che conta è la ricerca della felicità o la felicità della ricerca? Cioè, è più importante la meta oppure il viaggio per raggiungerla? E ancora: si sta bene quando si estorce felicità a se stessi o quando si rende felici gli altri?
Facciamo un passo avanti e dal 1776 andiamo al 2013.
Secondo un sondaggio del Time, il 60% degli intervistati dichiara di non sentirsi meglio con se stessi dopo aver trascorso del tempo sui social media. Questo perché le persone, sulle loro pagine Facebook o Twitter, si mostrano più felici di quello che in realtà sono. Ecco che in bacheca appare la foto dell’ultimo acquisto dell’amica, l’auto appena lavata del vicino di casa, la colazione appena comprata o l’ultimo gioiello ricevuto. Nell’odierna società consumistica si usano i soldi per comprare cose, non esperienze. E si mostrano subito sui social media, perché si realizza «che non c’è ragione di fare nulla, se nessuno ti guarda».
È questa la vera felicità? Forse no, perché il sondaggio rivela anche che le persone sono sempre più tristi e afflitte da disturbi psichici come ansia (30%) e depressione (20%). Probabilmente questo è dovuto al fatto che ricerchiamo la felicità in valori effimeri, come comprare un oggetto da tanto desiderato, guardare la TV nel salotto nuovo o leggere il giornale sull’ultimo modello dell’iPhone. Felicità che una volta raggiunta, svanisce poco dopo.
E allora ti accorgi che la felicità è vera solo se è duratura, se riesci ogni volta a renderla un’esperienza unica e se è realmente condivisa con gli altri.
(Questo articolo è stato pubblicato anche su 055firenze.it)